...da una riflessione di Carlo Picasso



Quando si parla di Allevatori, ci si riferisce, almeno nell'immaginario collettivo, a persone munite di passione per una determinata specie animale, passione che si estrinseca nel riprodurla e nel portarne avanti le caratteristiche peculiari, tentando anzi di migliorarle.

Ma in cosa consiste tale passione? Cosa significa “Allevare”?

Allevare dovrebbe comprendere alcuni aspetti, cioè scegliere i soggetti che più si avvicinano allo standard di razza, farli riprodurre, selezionare i nuovi nati, avere a cuore la salute dei propri animali, tendere al miglioramento dei caratteri richiesti ecc. ecc. Gli Allevatori di un tempo, ossia coloro che allevavano prima che la globalizzazione diventasse un dato di fatto, probabilmente potrebbero dare ottime lezioni al proposito: come scegliere un buon gallo e una buona gallina, come riconoscerne i caratteri che si trasmetteranno con buone probabilità, come gestire gli accoppiamenti in base ai risultati che si attendono, come nutrirli ed assisterli dal punto di vista sanitario e così via.

Gli allevatori (a minuscola) di oggi, invece, quelli dell'ultim'ora, vanno su internet (nei casi migliori si recano ad una mostra), vedono una razza che li colpisce, la VOGLIONO ed iniziano a cercare a destra e a manca qualcuno che la allevi. Contattano quindi questa persona, chiedono di comprare dieci femmine e un maschio, possibilmente campioni figli di campioni e nipoti di campioni, si accordano per il prezzo (in genere non hanno problemi economici), li prendono senza nemmeno guardarli e se li portano a casa (a volte anche arricchiti di virus e batteri). E iniziano ad “allevare” a modo loro... ossia posizionano un nido nel pollaio, accendono l'incubatrice e si fregano le mani. Odor di business.

Nasceranno pulcini figli di campioni, nipoti di campioni e pronipoti di campioni. Alcuni pulcini, a volte parecchi, moriranno, ma chi se ne frega del perché, io ho i riproduttori e ne farò nascere altri. Quelli che sopravviveranno, per culo o per virtù, diventeranno giovani adulti, presenteranno spesso caratteristiche diverse di morfologia e colore, aspetti che un buon allevatore, in base alla propria esperienza, saprebbe cogliere al volo. Ma chi se ne frega, su cento soggetti due o tre soggetti decenti DEVONO saltar fuori... ed in effetti è così. Saltano fuori anche più di due o tre soggetti decenti, la genetica non è sempre truffaldina, ma questi soggetti non sarebbero l'arrivo, bensì una tappa del percorso che un buon allevatore dovrebbe portare avanti...

Ebbene, questi soggetti sono prontamente trasportati a tutte le mostre possibili, vengono ovviamente giudicati bene e vincono anche dei premi. E l'allevatore si frega le mani, sia perché è contento del risultato (altrui) raggiunto, sia perché a quel punto è inevitabile che i prezzi dei suoi animali, dei suoi (altrui) campioni, lievitino...

Fetor di business.

E fin qui andrebbe tutto bene (sforzandosi un po'), se il suddetto allevatore si riproponesse di iniziare a fare, appunto, l'allevatore... scegliere i riproduttori, formare le famiglie, incubare le uova ecc. ecc. E invece no! A questo punto scatta il desiderio di voler vincere tutto, a tutti i costi. E si parte alla ricerca non del campione di una mostra associativa, ma di quello di una mostra nazionale e addirittura di quello di una mostra straniera. Compra qua, compra là, ci si ritrova con un parco animali mica da niente... ma da mettere insieme, da allevare appunto. E qui cascherebbe l'asino: questa sarebbe l'ultima opportunità per far uscire allo scoperto la bravura, l'esperienza, la capacità di prevedere, le conoscenze della genetica di base, dei fabbisogni, delle profilassi sanitarie ecc. ecc. Ma dove sta il problema? E chissenefrega? Tutti all'estero, l'anno successivo, ad ammazzarsi in coda alle segreterie delle esposizioni e a sgomitare per prendere i campioni, cataloghi alla mano, senza nemmeno averli visti, fregandosi le mani per i risultati eccellenti che si avranno. Complimenti, certo... Ma a chi glieli ha venduti.

Questo ovviamente vale anche per le uova: si comprano da un vero Allevatore, si fanno nascere, si inanellano i pulcini e oplà, il gioco è fatto: si diventa in una stagione scarsa dei grandi allevatori di campioni.

Ebbene, consentitemi la legittima domanda: ma che cavolo di sistema è, questo? Perché non abbiamo il coraggio di chiamare le cose col loro nome? Ci sono Allevatori (maiuscolo) e ci sono INTERMEDIARI.

Questi ultimi non sono altro che coloro che fanno da tramite tra noi miseri mortali e il Gotha straniero e che il prossimo anno ci porteranno in mostra splendidi esemplari tedeschi o olandesi o francesi... Gli Allevatori stranieri ringraziano, gli standard italiani, sballottati da cotanta esuberanza, vengono dimenticati, a volte modificati... e altre volte vanno a puttane...
E buona visione a tutti.

P.S. Nel novero degli Allevatori personalmente faccio rientrare coloro che acquistano soggetti altrui, anche stranieri, per "tagliare il sangue" nelle proprie linee riproduttive. La differenza? Semplice: gli Allevatori inseriscono i soggetti acquistati nelle loro linee per migliorarne i caratteri, gli Intermediari invece non lo fanno, accoppiano tra loro tutti i soggetti freschi di acquisto e spesso non hanno nemmeno proprie linee di sangue e nemmeno un barlume di idea di ciò che stanno facendo.